Un po’ ciclicamente, a volte per iterazione diretta con qualcuno, altre volte ed è parecchio più grave, perché lo leggi su qualche giornale generalista, riciccia fuori il virus che io chiamo onirico. Onirico perché come dice la Treccani in una declinazione “senza distinzione tra fantasia e realtà”.
Il virus a cui mi riferisco è chiaramente quello informatico, e siccome l’informatica è una roba oscura all’utente medio, figurarsi i virus informatici. Ed è così che appare puntualmente lui, il Virus per definizione, onirico, quello che può tutto. Sfonda le protezioni, qualunque esse siano, ti cracca la password in un nanosecondo, anche se hai messo 50 caratteri senza senso logico, anche se i tuoi dati sono in una chiavetta nel cassetto. E’ il tuo incubo, e l’unica cosa che lo rende veramente virale è il fatto che ne parli con qualcuno diffondendo il panico (informaticamente parlando chiaramente). Come una palla di neve che rotola nel declivio e diventa più grande e ricca di particolari sempre più coloriti. L’onirico ha raggiunto lo scopo, è diventato mito.
Ed è così che si leggono le peggio boiate, talvolta nate da qualche esperimento di qualcuno che in università si annoiava. Per cui ci sono virus che colpiscono computer completamente scollegati dalla rete (che diavolo serve poi un computer scollegato oggi giorno boh?!) regolando la velocità delle ventole variano il rumore e da qualche parte qualcuno lo decodifica, oppure modificano una lucina del pannello frontale per trasmetterla tipo codice morse al di fuori della struttura, magari perché il server è pure (improbabilmente) lato finestra. E poi quelli popolar-onirici su internet, che si inoculano senza che tu te ne accorga, “ero su Google e mi sono infettato”.
Siccome da informatico quando sento di un virus la prima domanda che mi frulla in testa è “e come farebbe a funzionare, intendo proprio dal punto di vista tecnico, questo qua?”. Puntualmente saltano fuori tutta una serie di distinguo, di postille non dette che ribaltano completamente la questione, e il virus non è più onirico, ma è l’utente ad essere puntualmente fesso.
Immagine di copertina di Gerd Altmann da Pixabay
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