Consiglio di leggere il thread (è un po’ lunghetto) di Morgan Knutson, un User Interface designer, o più propriamente un designer grafico che ha lavorato a Google, più precisamente nel progetto Google plus.
Chiaramente è l’opinione di una persona tra le migliaia, lui stesso dice che il posto è una mini città, per cui anche solo a livello statistico è chiaro che puoi trovare gente che non è contenta come gli entusiasti
Gli scritti di Morgan escono ora, visto che il progetto social di Google è morto. “I should air my dirty laundry” e perché chiaramente qualche sassolino nella scarpa era rimasto. Cose comuni che succedono ovunque, vi sarà capitato di sentire qualche ex collega che scevro dai filtri che possono derivare da possibili ripercussioni, spara a zero su azienda e componenti, sopratutto i capi o dirigenti che la compongono.
Leggere comunque quello che scrive Morgan è interessante. Google infatti si è costruita una proiezioni di se stessa, come azienda che differisce da quelle di stampo classico. Non è un ambiente di lavoro come gli altri, campi da tennis, biliardini, zone relax, cucine piene di frutta e ogni ben di Dio. I soliti open space (su cui ci sarebbe da discutere) dove le scrivanie informali possono porre le terga persone entusiaste e felici… beh quasi.
Già il fatto che venga promulgata questa visione verso l’esterno dovrebbe far storcere il naso. Il modello che viene riflesso è molto simile ai campus scolastici americani, ma lo scopo è quello di massimizzare il lavoro attraverso una estensione dell’orario stesso. Cioè quelli che sembrano benefit non sono li per i dipendenti che fanno 8 ore, ma per quelli che ne fanno 16! Se lavori 8 ore al giorno in questi posti “te ce ne mandano” (licenziano) nel giro di una settimana.
Per contro se so che mia nonna fosse stata sul letto di morte con il ciufolo che stavo li a lavorare per lo scheduling di qualcuno. Cause di forza maggiore, e se non lo sono queste non so cosa possano esserlo. Se il boss lo capisce bene, altrimenti può andare in quel paese come diceva Sordi.
Inoltre quello che Morgan dice è circostanziato e di fatto si è visto nell’emanazione dei prodotti finali. Progetti che vengono “uccisi” in continuazione, alcuni escono e nessuno sa della loro conoscenza, doppioni e triploni di cose già esistenti, pochissima sinergia e molto spesso zero profittabilità. Questo tipo di narrazione ho già avuto modo di sentirla per delazione diretta di un dipendente e non su Google ma su un’altra big company del settore, stesse modalità, spostamento esagerato di fondi e personale per perseguire uno scopo. Scopo per altro nemmeno importante se non persino nullo dal punto di vista del ritorno economico diretto. E alla fine gestione dei dirigenti con pessimi risultati.
Se mettiamo in fila le varie Big del settore si vede come queste abbiano gli stessi problemi. Apple è quella meno soggetta perché ha un management piuttosto forte e con dei target più o meno chiari, tuttavia abbiamo visto e vedremo come gli “inciampi” li prendano pure loro. Google indubbiamente quella più incasinata. L’altro giorno ad un mio collega sulla notizia della chiusura di G+, ultima di una lunghissima fila, ho fatto la battuta “un giorno Google ci dirà che chiuderanno Google“.
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