Parliamo un po’ di “robe” in salsa artificial intelligence. Qualche mese fa hanno presentato AI-Pin, una specie di spilla tecnologica con Chat-GPT integrata, a cui si poteva fare affidamento per interagire con il mondo online attraverso la voce, o attraverso un futuristico, ma fortemente limitato, sistema grafico a proiezione.
Qualche giorno fa invece ha fatto capolino Rabbit Ai, un aggeggio quadrato, con un concept di utilizzo similare. Attraverso le richieste vocali, e un piccolo display touch per limitate iterazioni.
Due sistemi che più o meno strizzano l’occhio al concetto generalista di sostituti allo smartphone, o meglio alla sua attuale forma ed utilizzo.
I due sistemi di base quindi si affidano totalmente all’intelligenza artificiale che dovrebbe fare tutto, forse un po’ troppo. Dietro questo concetto c’è la constatazione che le App per smartphone sono diventate troppe e ognuna di esse ha la propria User Interface. Il risultato negativo è un sacco di tap, scroll, metti le credenziali eccetera.
L’intelligenza artificiale interviene su questa catena, accorciandola praticamente a zero, noi chiediamo qualcosa e lui ci porta il risultato finale.
L’idealizzazione di questa soluzione ha certamente un suo senso logico, ma le implicazioni e le semplificazioni esposte in questi video promozionali mi paiono decisamente semplicistiche. Facciamo un esempio pratico.
Voglio andare nella località “X” per un soggiorno di tre giorni. Per cui ho bisogno di un Taxi o un Uber, del biglietto del treno e della prenotazione di un Hotel. Gli esempi mi riportano il risultato finale, cioè ad esempio 20 euro di Taxi, 50 di Treno, 200 di Hotel. Devo solo confermare il pagamento.
Questo in un mondo idealizzato… perché nella realtà Uber vorrà sapere chi sei. La società dei treni uguale, per non parlare dell’Hotel. Ammesso che l’intelligenza artificiale utilizzi i nostri dati personali aprendo un account per ognuno di questi soggetti, come e rispetto a quali altre offerte decide cosa scegliere?
Questa cosa porge il fianco a problemi non da poco, ad esempio servizi civetta con lo scopo di prendere i dati personali. I vari comparatori di prezzi online già oggi funzionano in questo modo, il loro vero business sono i vostri dati personali e come profilarvi per vedere tutto ciò a terzi.
Ci sono poi problemi di user experience, cioè con questi aggeggi ci si parla ed è praticamente l’unico modo di iterazione. E se non posso parlare, o non voglio farmi sentire da terzi? Non parliamo poi del problema delle autorizzazioni multi-factor, a meno che la voce non diventi un fattore biometrico.
Sopra tutto questo poi non ci vedo nessun “game changer” o qualcosa che gli smartphone non possano fare. Ammesso che questa modalità di utilizzo dell’intelligenza artificiale prenda piede, per quale motivo uno smartphone moderno non dovrebbe già oggi operare anche in questo modo?
Se andiamo a verificare le stime di utilizzo di Siri e Hey Google, vediamo che il tasso di adozione è piuttosto basso. Nessuno cioè ci parla con il telefono come scelta primaria, al limite nei casi in cui serve, ad esempio se sei in auto. Si potrà obbiettare che Siri, Alexa e compagnia cantante siano un po’ stordite, ma anche fosse vero non era quello a fermare l’utilizzo.
Ai-pin costa quanto uno smartphone di fascia medio-alta. Rabbit punta più sul basso, 199$ che ad occhio in euro saranno non meno di 250/300. Meglio, però come dico sopra, ti trovi in tasca un aggeggio che non ha una caratteristica unica e non replicabile da uno smartphone.
Se l’idea è quella di rivoluzionare o togliere di mezzo gli attuali smartphone, dovranno fare di meglio, molto di meglio.
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