Oggi mi arriva una e-mail, pubblicitaria, di una software house che conosco e apprezzo, tanto che in passato ho comprato loro prodotti. Materiale scritto bene di cui sono contento. Chiaramente ho guardato la promo del prodotto con interesse, e benché non mi servisse nella mia testa ho comunque valutato l’acquisto lo stesso.
Non mi serve, o meglio non in senso di necessità, ma visto che hanno fatto un nuovo prodotto e offrono lo sconto ai vecchi clienti, uno sforzo si può fare, verrà utile sicuro più avanti e allo stesso tempo aiuto questa piccola realtà. Peccato che quando sono andato alla pagina dei prezzi, anzi del prezzo visto che in passato era singolo acquisto, mi sia trovato davanti l’abbonamento, per giunta parecchio ristretto in termini d’uso, tanto che c’erano più livelli.
Inutile dire che sono rimasto perplesso, e ovviamente non farò l’acquisto. Ora, chiaramente uno decide la politica in base alle proprie considerazioni, certo è che questi non hanno valutato granché bene le cose. O quanto meno la vedo così, perché se prima vendevi una cosa ad acquisto “classico”, comprato e piaciuto come si dice, a 50, e ora lo metti a 10 euro al mese, per altro con restrizioni che prima neanche c’erano, non penso si essere l’unico che abbia sicuramente scartato l’acquisto, persino nel caso di reale necessità.
Anche perché come in ogni settore la concorrenza abbonda, per non dire sovrabbonda. L’unica scocciatura è cercare il nuovo in mezzo a potenziali “peracottari”. Ma non è impossibile, e come trovai al tempo questi, se ne troveranno di nuovi in futuro.
Il punto però è che il business model ad abbonamento ha sfondato da tempo i limiti della decenza. Anni fa avevo comprato un “paste manager” per MacOS sull’app store. Come molti sanno l’acquisto nella maggioranza dei casi è fatto una volta sola. Poi magari dopo qualche anno fanno la versione 2.o e ti richiedono l’acquisto, cosa ad esempio successa con Affinity Photo e Designer. Ma ci sta, tanto è vero che al giorno di rilascio ho aderito al loro sconto per vecchi clienti, anche in quel caso potevo usare quella vecchia, ma i loro prodotti sono talmente ben fatti che mi sono sentito di premiarli con il riacquisto.
Ma nel caso di quel “Paste Manager” (un software che tiene traccia dei vari “copia” in un registro, per poterli riprendere anche se hai fatto un nuovo “copia” nel frattempo) se ne uscirono con l’abbonamento mensile… per un prodotto simile? Certo per chi è arrivato dopo magari l’avrà comprato reputando valida la gabella in abbonamento. Ma in abbonamento di cosa? un prodotto che viene aggiornato una volta l’anno se dice bene.
Oramai si sono lanciati tutti in questo “business model” come dicono gli anglofoni, ma l’abbonamento deve avere un senso logico, non buttare robe a caso per una rendita fine a sé stessa. È ovvio che ad un certo punto sembri una pesca per all0cchi. Nelle settimane scorse è successo un qualche pasticcio con un videogioco, altro tema sfondato dal buy to rent. Non ho capito i dettagli, ma sta girando questa massima rilanciata da non pochi.
If Buying Isn’t Ownership Then Piracy Isn’t Theft
chiaramente non è un intento, quanto più una sorta di manifesto ideologico. Come a dire, occhio che già in passato questa guerra è stata combatutta e vinta, ripetere il ciclo degli eventi non porterebbe da nessuna parte.
Posso portare l’esempio di Vmware, dopo l’acquisizione da parte di Broadcom hanno trasformato il prodotto in abbonamento ed aumentato i prezzi in modo sconsiderato. Annunciando già un secondo giro di aumenti. Il prodotto di fatto ha, o a breve diremo aveva, il monopolio di mercato. Si è letteralente visto la fuga con varie soluzioni alternative, che esistono, magari meno raffinate. Ma come dice il detto di necessità virtù.
Una vita da abbonato, anche no grazie. E visto che abbiamo i potere di scegliere, scegliamo.
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