Sul Fatto Quotidiano è comparso un articolo del Professor Beppe Scienza che tratta la protezione del capitale rispetto all’inflazione.
Porta alcuni studi circa i rendimenti, su un piano temporale piuttosto lungo, di azioni, oro e obbligazioni. Non ho modo di controllare i risultati di cui parla, anche perché mancano proprio i riferimenti, per cui ci si dovrà fidare di quanto riporta.
Ovvero un disastro da come la mette lui, persino proteggersi con l’oro avrebbe portato perdite del 73%, salvo che queste stime risalgono al ventennio degli anni 80 e 90. Tuttavia puntualizza:
Ovviamente col senno del poi si può dire che bisognava venderlo prima o, in generale, bisogna comprare ai minimi e vendere ai massimi. Facile vero?
Secondo lui la ricetta è il TFR, titoli di stato e buoni fruttiferi postali indicizzati al costo della vita. E su questi tre aspetti ci si può fare due parole sul merito.
Il TFR, ammesso e non concesso che te lo facciano tenere in azienda, appunto prende in esame che uno sia dipendente e per giunta della vecchia scuola, cioè un lavoratore a tempo indeterminato, ovvero il vecchio “posto fisso” dove presti servizio per 40-50 anni. Utopia e mi verrebbe da dire pure follia. Anche volendo con il globalismo impazzito è facile che l’azienda sia stata comprata da qualche cinese o indiano, ti abbiano non-licenziato, riassunto nella nuova ragione sociale. Per quanto sia d’accordo con Scienza sulla bontà intrinseca del “vecchio” TFR, attuarlo e riaverlo indietro a tempo debito è tutt’altro discorso sul piano della sicurezza. Aziende delocalizzate o che hanno chiuso baracca portandosi via anche il TFR… non mi pare tanto buono come protezione del capitale.
Titoli di Stato. Anche qui sarei ben d’accordo. Peccato che sia più facile fare una OPA a qualche azienda con due spicci, piuttosto che comprare titoli di stato. Avevo provato in varie sedi a chiedere informazioni per l’acquisto, sembrava di mostrare l’aglio ad un vampiro. A quanto pare i titoli di Stato se li pappano banche e fondi di investimento, specie esteri, visto appunto i rendimenti di sicuro interesse che offrono.
Buoni fruttiferi postali. Ecco questi dovrebbero essere i più facili da reperire. Peccato che quelli di cui parla Scienza, quelli indicizzati all’inflazione, non esistano. Non è la prima volta che da suoi articoli cita questo prodotto finanziario. Peccato che nel sito di Poste Italiane non ve ne sia traccia. Quello che pare avvicinarsi in qualche modo nonché quello più remunerativo è il 5×5. Salvo che l’1,5% (lordo) annuo viene erogato al quinto anno e la durata sia di 25 anni.
25 anni nel sistema attuale sono un tempo spropositato, specie in quello finanziario. 25 anni fa il mondo era totalmente diverso da quello odierno, figurarsi fare una proiezioni di 25 anni in avanti. Non dico che siamo a livello di super enalotto, ma poco ci manca. E per cosa? 1,5 annuo lordo?!
La domanda invece andrebbe rivista sulla sicurezza dei vari strumenti finanziari. Quelli citati, ad eccezione del TFR in virtù di quanto ho riportato sopra, sono sicuri. Visto che c’è lo stato dietro. Ma ovviamente la sicurezza potrebbe andare a farsi friggere nel caso scoppi una guerra che ci vede coinvolti. Una frase fino ad un mese fa apparentemente assurda, oggi come sappiamo un po’ meno.
Certo è coerente diversificare, quindi piazzare una parte in buoni fruttiferi, altri in titoli di stato, se si riuscisse ad accedervi. Però queste operazioni hanno il solo scopo di sostituire il vecchio conto corrente che dava una percentuale di interesse. Con l’aggravante di un vincolo temporale, spesso pesante.
Non si tratta di certo di una capacità fruttifera, come le pubblicità tendono a far intuire o credere. A mio avviso quella la da lo studio e la formazione di una esperienza nel trading finanziario.
Quindi l’incipt di Scienza, che la butta in modo ironico sul comprare ad un prezzo basso e vendere a quello alto ha invece perfettamente senso. Facile non c’è nulla, anche delegare a terzi il proprio capitale a quanto pare non è questo granché. D’altronde ce lo dicevano già i saggi “chi fa da se, fa per tre”.
Articolo pubblicato sulla Blockchain Hive.
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