Oramai siamo, tanto per non annoiarsi, nel bel mezzo di una guerra digitale. Da una parte Google – Youtube, dall’altra il mondo hacktivist.
A novembre Youtube ha deliberato il blocco degli ad-block per il suo portale, bloccando il sito dopo che questo rileva per tre volte un blocco pubblicitario. In cambio richiedono il pagamento di 12 euro al mese, oppure sorbirsi le pubblicità che per altro sono diventate eccessive.
Come era già successo per i banner dei siti web, il valore della singola pubblicità è crollato, ma questo è del tutto fisiologico. È aumentata a dismisura l’offerta, cioè ci sono uno sproposito di canali; quindi, la domanda può calare di valore anche sensibilmente.
Il risultato per compensazione è aumentare il numero di pubblicità, sino a diventare insostenibile come lo è già per i siti web che campano di questo.
Google però ha giocato di anticipo sin dal decennio scorso, Chrome è il maggior browser usato al mondo, e quindi può giocare in team con Youtube spiando l’utente in merito alla presenza di ad-block. Ma è legale?
La domanda è interessante e qualcuno ha già fatto un esposto alla comunità europea, il quale ultimamente con l’azienda non ci è andata leggera, ed è verosimile pensare a qualche sentenza eclatante. Ma nel frattempo Google ha le mani libere per agire. E l’unico modo per difendersi è usare un altro browser.
Forse solo Safari e Opera si salveranno, perché anche Firefox si troverà costretta ad adottare il Manifest V3 che include le direttive incriminate. Come sappiamo Google versa cifre considerevoli a Mozilla affinché usi Google come motore di ricerca di default.
Gli AD-BLOCK sono diventati sempre più raffinati, ma concettualmente visto che il sistema di base è interpretativo, cioè l’HTML e JavaScript sono eseguiti sul computer locale dopo aver ricevuto il codice dal server; si può presupporre che la legge sulla privacy abbia un suo valore effettivo, poiché cioè che viene eseguito sul mio computer deve poter essere modificato, trattato e gestito a piacimento. Banalmente un antivirus è proprio questo che fa.
Quindi accettare che un’azienda terza ci dica cosa dobbiamo o non dobbiamo fare con i nostri compute non è ricevibile.
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