L’evoluzione è avvenuta a piccoli passi, non di meno importanti. Ad un certo punto è stata inserita la possibilità di interagire con i server Linux. Potendo accedere ad essi con il protocollo SSH utilizzato per la linea di comando, ma al fine di editare il codice direttamente sul server!
Un passo in avanti a dir poco esponenziale. Prima si doveva creare ambienti pseudo-clonati e poi spostare le cose in produzione. Oggi si può avere un ambiente di test nella produzione o al limite dei server di sviluppo che non girano sulla propria macchina.
Quasi lo stesso periodo c’è stata l’integrazione con Docker e gli ambienti “container”, anche in questo caso accedendo alla bolla virtuale senza dover necessariamente fare giri improbabili.
L’anno scorso è arrivato GitHub Copilot, ne ho parlato in un post apposito. Ora il codice si auto-compila quasi da solo.
In questo viaggio una cosa è rimasta costante, la possibilità di immagazzinare il codice nostro, o del nostro team di sviluppo, all’interno di GitHub. Avendo a disposizione modifiche e possibilità se questo è pubblico, di ottenere aiuto o notizie di bug (malfunzionamenti) non noti. Oltre ad auditing di sicurezza, oppure vedersi migliorato il proprio codice da terzi.
Codespaces è di fatto un contenitore di quanto detto sopra. Lo scopo è di levare il server o la sua incombenza, offrendo un ambiente di sviluppo direttamente in GitHub. Fino ad oggi si poteva visionare il codice, ma non vederlo in azione a meno che non ci si affidasse a servizi terzi come Heroku.
Codespaces offre chiaramente qualcosa di più, anche se non abbiamo installato Visual Studio Code, lo potremo avere direttamente nel browser all’interno dell’interfaccia di GitHub.
I vantaggi sono di mettere in piedi un server di sviluppo in qualche minuto, potendo anche “buttarlo” via al termine del lavoro. Infatti, e qui arriviamo alle note negative, tutto ciò si paga. Dietro ci sono dei server sebbene virtuali, ma per certo una infrastruttura di quel tipo costa.
I prezzi al momento non sono proprio economici, sono fatturati all’ora in base all’uso, più una parte fissa per lo spazio disco che prescinde il costo orario. Ma questi sono per i gruppi di lavoro o le organizzazioni. Per le “individual repo” invece si può usare in fase beta gratuitamente.
Non è certamente la chiusura del cerchio, ma ci siamo vicini. Immagino che in futuro ci saranno altri servizi e una probabile convergenza verso Azure, il cloud di Microsoft.
Questa cosa porterà vantaggi e svantaggi, una dipendenza totale dal cloud può essere buona nel contesto in cui funziona tutto. Se uno qualsiasi degli “attori” che partono dalla vostra azienda per arrivare al cloud incontra un problema, siete tagliati fuori e senza alcuna possibilità di intervenire.
Ovvero dovreste porvi la domanda: per quanti giorni la vostra azienda (o l’azienda per cui lavorate) può stare senza server e servizi?!
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