Diciamo che è una visione che ho sempre sostenuto, non quella che sia la Blockchain a salvare le banche, ma il contrario, che i sistemi ledger facciano estinguere i “bancosauri”.
Ho sempre professato razionalità, a meno che non siano tutti fessi, chiunque si trova davanti un potenziale nuovo avversario lo studia. E nel caso specifico non solo lo studi, ma pure lo cavalchi visto che dalla tua hai una potenza di fuoco esagerata.
Se poi l’avversario è pure disarticolato e attori importanti come Binance e FTX si fanno la guerra da soli, il terzo incomodo nascosto sullo sfondo gode.
I prossimi mesi vedremo una regolamentazione, quasi certamente partorita in suolo americano, che però farà da milestone per tutti gli altri, Europa compresa. E la discussione sarà tra la SEC, cioè il governo americano, e le Banche tradizionali. Forse comparirà, ma come semplice rappresentanza, qualcuno di Coinbase. Tanto per dire c’erano pure loro, anche se non potevano proferire parola.
Ma le banche oggi non sono preoccupate della Blockchain, visto che al gioco come sanno oramai anche i sassi, ci partecipato ove proprio non lo conducano. Sono preoccupate da altri soggetti, ovvero Apple, Google ed altri nomi che compongono la cosiddetta “Fintech”. Questi soggetti stanno entrando in modo distruttivo, perché il loro goal è offrire costo zero ai servizi tipici bancari per catturare clientela che spenderà soldi altrove. Apple se fidelizza i clienti nel loro sistema avrà rendite su apparati e servizi, Google potrà vendere pubblicità mirata agli acquisti reali, e così via.
Le Banche, o meglio i “bancosauri” come li chiama Diego D’Ipppolito in un articolo su Huffington Post, sono impantanati in un sistema costoso e burocratico. Cedere sul territorio, chiudendo gli sportelli è un rischio troppo grosso, farebbe calare i costi, ma probabilmente decretare pure la fine dell’istituto.
Una alternativa è fare anche altro, in Europa abbiamo visto che alcuni istituti propongono spazi di co-working o shared office dentro le filiali. Un esempio contrario lo abbiamo visto con Poste, che da sistema postale è diventato anche bancario e assicurativo.
Tuttavia, nell’articolo di D’Ippolito si cita uno studio di Medio Banca dove si propone di creare una Blockchain unica per tutti gli istituti bancari. Una piattaforma unificata con un marketplace interno per i servizi. Ci sarebbe, secondo lo studio, un abnorme abbattimento dei costi e un maggiore sistema di controllo e sicurezza interbancaria. Tale da permettergli di contrastare l’avanzata delle Fintech.
Non so se lo studio considera i costi di transizione e formazione del personale, però certamente un sistema “condiviso e unificato” come potrebbe essere quello della Blockchain, dove il registro è inviolabile, potrebbe essere una svolta interessante. Anche per ridare lustro alla credibilità piuttosto compromessa da bilanci avariati e manovre opache.
L’articolo conclude con le tempistiche, questa rivoluzione deve essere rapida. Tre, quattro anni al massimo. In tutta questa visione non posso evitare di pensare agli “anarchici alla Nakamoto” che credevano di rovesciare il mondo bancario ed invece il risultato della loro resilienza è proprio il contrario. Che curiosa ironia…
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