Un diamante è per sempre diceva la pubblicità, in effetti un diamante, quello inteso come monile, non fa un tubo se non essere mostrato. Già, ma un mouse?
La CEO di Logitech in una recente intervista a the Verge si è sbilanciata in un mouse che sarà venduto in abbonamento e pertanto sarà “per sempre”. Senza aggiungere alcun dettaglio tecnico sull’hardware, visto che non so voi, ma io di mouse ne ho dovuti cambiare parecchi nella mia vita. Ma ha specificato che via software si potranno aggiungere le nuove funzionalità, tipo la AI.
Tralascio i mouse che avevano la sfera con i loro problemi intrinsechi dovuti allo sporco, ma quelli ottici via via sempre più raffinati, di fatto è vero potrebbero essere eterni. Solo che la scocca, i gommini in silicone e la meccanica dei tasti hanno comunque un limite fisico.
Quindi immagino che il mouse di cui parla sia composto da parti facilmente intercambiabili. Il punto però è appunto l’abbonamento. Un concetto di business che va avanti da oltre un decennio in modo piuttosto ossessivo nell’informatica.
screenshot preso dal mio commputer
Una volta compravi il software, vedi Office, e poi decidevi se aggiornare o ricomprarlo quando realmente necessario. A conti fatti, o meglio contando i soldi realmente usciti per quell’esigenza, ne escono molti di più con l’abbonamento. Che per altro è anche facile da manipolare al rialzo, il ritocchino, “solo” un euro in più, che sarà mai.
Ma l’esempio di Office ci può anche stare, oggi non è solo Word ed Excel, ma ad esempio anche il cloud da un terabyte e una pletora di altri servizi a contorno. Per cui il concetto di abbonamento risulta essere più digeribile.
Qualche anno fa sul MacBook avevo comprato nello store un programma di “paste manager”, cioè teneva il registro di ogni “Command + C” (l’equivalente di Control + C in Windows), molto utile perché se devi recuperare il copia di un’ora prima, non devi ricordarti su qualche programma era e su quale file. Di questi ne esistono gratuiti, e da Windows 10 è addirittura integrato nel sistema. Ma questo era fatto molto bene per cui ho infaustamente deciso di premiare il programmatore con l’acquisto sullo store.
L’acquisto era una tantum, non ricordo la cifra, ma penso meno di dieci euro. Gli aggiornamenti erano gratuiti. Dopo qualche tempo, il personaggio cambia licenza e decide che la nuova major release diventava ad abbonamento mensile per tutti.
Una follia visto che il software non aveva senso. Nelle recensioni negative che fioccano lui si giustificava che il copy aveva la possibilità di essere mutuato anche ai dispositivi mobile di Apple. Cosa che per altro Apple stessa fece poco dopo in modo nativo. Ma a tutt’oggi il programma viene venduto in abbonamento.
Quindi il concetto di mouse in abbonamento poi sarà la tastiera e chissà cos’altro, da una parte non mi stupisce. Dall’altra mi spaventa, perché oramai questo business model è onnisciente. Ad esempio, un software di connection manager che mi serve per lavoro, viene pubblicizzato come licenza perpetua. Vero, ma l’abbonamento è astutamente nascosto come “servizio di assistenza”. Se non hai questo servizio, che di fatto è un abbonamento annuale, non puoi avere gli aggiornamenti e le major release, eppure la licenza con il suo numero è sempre quella.
Come diceva Totò è la somma che fa il totale, un abbonamento qua, uno la e i costi risultano essere fuori controllo. Anche perché finché non compare la notifica della banca che hanno prelevato il dazio, spesso si tende a dimenticarsi di questi addebiti.
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