Quella che vi porto oggi è rimasta sconosciuta al mondo per tantissimi anni e solo alla fine degli anni 90 con la dissoluzione dell’unione sovietica è stato possibile accedere ad atti rimasti segreti.
L’orbita temporale è alla fine degli anni 20 del secolo scorso, in quel periodo i contadini della U.R.S.S. sono sottoposti alla collettivizzazione, ovvero le terre da coltivare non sono più le loro ma dell’ordine collettivo. I contadini terrieri, detti Kulaki, e i contadini manovali si ribellarono non aderendo a tale imposizione subendo di fatto uno sterminio da parte del regime attraverso le deportazioni (i gulag) in Siberia.
Nel 1933 la polizia segreta presenterà a Stalin un progetto che mirava al ripopolamento di alcune zone inabitate della Siberia, con lo scopo di creare una nuova società autosufficiente in circa 2 anni, il tutto attraverso la supervisione della “direzione generale dei lager” (si chiamava proprio così).
Fu così che per il progetto vennero rastrellati in migliaia tra contadini semplici, kulaki, oppositori politici ma anche malviventi. Già nel maggio del 33 Stalin blocca l’operazione partita solo qualche mese prima per timori politici, ma oramai le migliaia sono già in viaggio per la Siberia. Viene creato un primo campo di concentramento nell’Oblast’ di Tomsk che però arriva quasi subito al collasso per sovraffollamento. I documenti parlano di 25000 persone a fronte di una capienza di 15000, ed ancora ai primi di maggio arrivavano a migliaia.
Qui va fatta una precisazione sulle condizioni, già nel viaggio le razioni erano misere, e spesso i più deboli soccombevano rispetto ai più forti che gli dovevano cedere la loro misera razione di cibo (300 grammi di pane raffermo) e spesso pure i vestiti. Al campo di Tomsk le cose non andavano certo meglio anzi…
Con lo scioglimento dei ghiacci 5000 persone vengono messe su una chiatta sul fiume Tom, la destinazione l’isola di Nazino. Oggi è difficile stabilire con esattezza quali sia l’isola in questione, ci sono voci discordanti. Infatti il fiume Tom nel suo percorso ha vari isolotti fluviali, ed uno di questi era stato scelto come base per quello che appare di fatto un esperimento.
I deportati vengono letteralmente scaricati su questo pezzo di terra lungo circa 3 km e largo 600, con il vestiario con cui erano arrivati, senza alcun tipo di attrezzatura. Nel frattempo la razione inizialmente di 300 grammi di pane era scesa a 200 grammi. Già 25 di loro moriranno sulla chiatta, ma oltre 250 moriranno la prima notte all’addiaccio.
Dopo quattro giorni di digiuno vengono portate sull’isola 20 tonnellate di farina, ma senza nessun strumento per cucinare o trattare il materiale. I deportati erano costretti ad impastarla con l’acqua del fiume e mangiarla cruda. Ne conseguirà una dissenteria diffusa e tifo che ucciderà un numero imprecisato di persone.
Verso fine maggio vengono portate altre 1700 persone sull’isola, che era sostanzialmente impossibile da lasciare a nuoto viste le correnti del fiume. Chi poi tenterà di costruire delle zattere improvvisate veniva ucciso dalle guardie. E al suo interno regnava l’anarchia dove i più forti fisicamente uccidevano i più deboli, inizialmente per i vestiti il cibo, ma in brevissimo per ben altro. Già dopo pochi giorni nei cadaveri si riscontravano segni di cannibalismo.
Le guardie, comunque numericamente inferiori, non muovevano un dito e sostanzialmente si occupavano più che non ci fosse una fuga che la gestione interna all’isola.
La tragica situazione si protrae sino ad agosto. In questi tre mesi sull’isola vengono inviate oltre 6700 persone, di queste ne usciranno vive poco meno di 2200, la maggioranza in stati fisici o psico-fisici devastati e inabili al lavoro. Si conteranno solo 300 persone giudicate adatte a successivi lavori forzati.
I trasferimenti di questi verranno effettuati in altri accampamenti limitrofi all’area di Nazino, che però erano stati strutturati con insediamenti similari al campo di concentramento.
I rapporti al partito comunista non possono passare inosservati, ed infatti i dirigenti e le guardie che parteciparono all’affare nazino, verranno giudicate colpevoli. Dopo di che tutto il rapporto viene reso secretato, tanto che come detto lo scopriremo solo negli anni 90.
Tuttavia nella cittadina di Tomsk sono emerse “storie” terribili. Una in particolare parla di una giovane guardia che si era innamorata di una ragazza deportata sull’isola. Questi la proteggeva tenendola vicina a se e dandogli del cibo. Ad un certo punto il ragazzo deve lasciare per un po’ l’isola e affida ad un collega la protezione della stessa. Purtroppo il collega non riuscirà a mantenere l’impegno e la ragazza prima viene legata ad un palo e poi letteralmente tagliata per estrarre la carne. Al ritorno dello spasimante la ragazza era ancora viva, ma troppo debilitata dalle perdite di sangue per sopravvivere.
Oggi si sente spesso usare la parola regime a sproposito, anche nel nostro paese come nel caso del lockdown. Probabilmente chi la usa non ha mai sentito parlare di cosa sia realmente un regime e a quali follie può arrivare l’uomo.
Fonte wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Affare_Nazino
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