Ahh quanto è bello il consumismo. Il sistema neoliberista è chiaramente in fase conclusiva e purtroppo difficilmente sarà una dipartita priva di conseguenze.
Le aziende devono fare sempre un più qualcosa al termine dell’anno fiscale. Se da una parte i bilanci sono esercizi pindarici fortemente interpretativi, c’è poi il sottostante contesto reale. Che risponde al dividendo degli azionisti, cioè questi vogliono i soldi a fronte di quel bilancio positivo.
Ergo tocca fare profitti maggiori dell’anno precedente, che lo era già rispetto agli anni prima. La crescita infinita quanto ovviamente impossibile.
Ogni azienda che produce un prodotto o un servizio deve trovare il limite di mercato. Cioè quale sarà il prezzo di vendita massimo sopportabile oltre il quale c’è un tracollo di vendite?
E quel limite oramai da anni è costantemente testato, ritoccato da qualsiasi azienda strutturata. Ma anche dai reseller, ad esempio il supermercato. E quanto il quadro generale vira verso l’inflazione, magari spinta da settori di mercato non diretto (cioè non a vendita diretta verso il consumatore finale, ad esempio edilizia, materie prime) che erano rimasti fermi con i prezzi, il margine di manovra dei prodotti al consumo è limitata.
Per cui l’inflazione, cioè l’aumento di un prezzo, non sarà granché sopportabile dai consumatori che per riflesso psicologico decideranno di non acquistare il bene, o farlo molto meno di prima.
Come in una partita a scacchi tra produttori e consumatori si è inventata la Shrinkflation, ovvero una riduzione calcolata del prodotto. La bottiglia da un litro diventa da 0,75 pur mantenendo la stessa dimensione della bottiglia. Oppure il dentifricio, il tubetto è più piccolo ma la scatola che lo contiene è la stessa.
Lo scarto tra il prodotto full e quello shrink in realtà nella quasi totalità dei casi è ininfluente sull’economia di scala del produttore. Lo scopo è quello di indurre il consumatore ad una frequenza di riacquisto maggiore. Chiaramente al prezzo full. Il prodotto è meno, quindi finisce prima e lo devo riacquistare due volte al mese anziché una… questo nella teoria.
Nella pratica l’inganno era nascosto dal segreto di pulcinella. Inizialmente avrà avuto effetto, che poi è sicuramente scemato. Aggiungiamo che l’inflazione ha continuato a progredire, i produttori stanno virando in massa verso la “skimpflation”.
Se verso il consumatore non riesco ad ottenere più soldi, rigiro la question dall’altro lato, verso le materie prime di produzione. Ovvero calo drasticamente il livello qualitativo del mio prodotto ottenendo un margine dal pagamento minore delle materie prime di qualità minore.
Il consumatore quindi si troverà un prodotto “dimagrito”, a prezzo pieno e di qualità infima. Qualcuno avrà già sperimentato la cosa, dicendo a sé stesso “questo prodotto una volta era più buono”. Talvolta è anche visibile perché il packaging diventa più povero, meno curato. Non è un caso, è appunto la skimpflation.
Questa cosa poi è visibile anche nei servizi. Amazon e Netflix hanno inserito le pubblicità nel video streaming, un peggioramento indotto per cercare di far pagare di più qualcosa che non serviva prima. Nei supermercati l’adozione più massiva o insistente delle casse automatiche per ridurre il personale. Cioè il lavoro che dovevano farlo loro lo dovrai fare tu, ovviamente gratis.
Nell’ipotetica guerra tra venditori e consumatori questa è sicuramente l’ultima frontiera. Ma sarà davvero l’ultima o ci sarà qualche nuovo termine da imparare? visto che questi ne sanno una più di Bertoldo.
Featured Image by Георгий from Pixabay
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