La scorsa settimana Goldman Sachs ha fatto uscire una relazione da parte dei loro analisti su Bitcoin. Tralasciando per un attimo che l’azienda in questione è di parte, la relazione per una volta è circostanziata su dati oggettivi. E non su stupidaggini o strafalcioni voluti dal vertice apicale di turno, il cui scopo era piuttosto palese nel voler cercare di influenzare il mercato. Cosa che tra l’altro dovrebbe essere penalmente rilevante.
L’analisi espone le varie correlazioni con l’oro, e termina con la previsione che la moneta digitale non è l’oro e non può essere sostitutivo di quest’ultimo. Come detto le motivazioni sono argomentate e devo dire che almeno dal punto di vista logico e fondamentale non sembrano affatto sbagliate.
Innanzitutto Bitcoin non è consigliato, come verrebbe inteso da alcuni “Hodler” o “strilloni“, come bene rifugio. Il motivo principale è lo stato di alta volatilità. E’ innegabile che Bitcoin subisca oscillazioni molto importanti, questo è buono se si sta facendo speculazione, decisamente meno se l’asset deve essere un bene rifugio.
Non ultimo, nelle analisi fatte dalla banca, sembra che in un recente momento di contrazione del mercato che ha visto spostare capitali in protezione, Bitcoin è stato ignorato o comunque non ha avuto aumenti di capitalizzazione degni di nota.
Personalmente dubito che gli “Hodlers” intendano Bitcoin come bene rifugio, ma semmai stanno scommettendo sul prezzo a lunghissimo termine. In pratica sono speculatori anche loro. Sul resto sono d’accordo con l’analisi, ad oggi non ci sono Cripto Valute identificabili come bene rifugio. Nemmeno le stable coin.
Questo però porta al secondo punto esposto dalla Goldman Sachs. Bitcoin non è un asset tangibile come l’oro, quadri, eccetera. Cioè il valore tangibile, fisico, degli oggetti andrebbe al di là quello di mercato. Ovvero detengono un valore intrinseco che per definizione non può sparire. Ad esempio l’oro può essere utilizzato nella costruzione di processori e non solo per creare monili. Anche su questo punto non si può obbiettare granché.
Di fatto questa considerazione ci porta alla terza. Bitcoin non ha ancora trovato il suo perché. Cioè non sa cosa farà da grande. In effetti nel 2017 c’erano tante prospettive, tra cui i pagamenti rapidi con Bitcoin. Cosa che sappiamo oggi essere problematica per via della complessità di minatura, dove tempi e costi sono controproducenti ad un processo di pagamento che deve essere il più fulmineo possibile. Tuttavia Goldman Sachs riporta proprio Etherum e altre Cripto come comparazione. Cioè ci sono molti altri servizi, come ad esempio #hive che hanno uno scopo definito e persino funzionante. Secondo gli analisti della banca questi valori saranno destinati in futuro a “rubare” spazio in termini di dominance alla più famosa delle monete digitali.
Al quarto punto il costo di minatura, inteso come consumo di corrente elettrica e di correlata impronta ecologica. Già da tempo circolano degli studi per cui il consumo energetico di Bitcoin già oggi sia esageratamente insostenibile. Sarebbe addirittura paragonabile o superiore al fabbisogno annuo di alcuni stati. Dal 2008 ad oggi il mondo è diventato più sensibile alla questione ecologica. Anche qui abbiamo molte altcoin che di fatto oltre ad essere più veloci, hanno un impatto ecologico poco rilevante.
Molti “difensori” obbiettano che già oggi Bitcoin sia minato con energie rinnovabili, cosa che per altro anche fosse al 100% risulterebbe comunque poco giustificabile. Questo aspetto potrebbe essere sempre più rilevante nel futuro in relazione ad un impatto sul prezzo.
La relazione conclude che Bitcoin e oro possono coesistere, ma uno non è sostitutivo dell’altro. Ovvero se si vuole acquistare oro, ma questo non è disponibile a mercato, non è una buona idea investire in Bitcoin pensando di replicare sugli asset digitali la medesima tipologia di investimento.
Personalmente credo che di fondo ci sia un malinteso. Spesso Bitcoin viene comparato all’oro a livello didattico solo perché entrambi hanno una potenziale componente inflazionistica derivata dalla scarsità. Cioè l’oro nel mondo è finito, intesto come massa globale. Possono essere scoperti dei giacimenti, ma tuttavia non esiste una “fabbrica di oro” che sposta l’ammontare totale. Allo stesso modo, anzi maggiormente, Bitcoin è finito e determinato nel suo valore quantitativo massimo.
Questo però è l’unico punto di contatto, non ve ne sono altri. In conclusione per una volta sono propenso a dare ragione agli analisti di Goldman Sachs. Io già nel 2018 ero convinto che la dominance di Bitcoin avrebbe subito una flessione verso il 45/50%. In realtà le cose andarono nel verso opposto. Fino a quando ci sarà volatilità ci saranno sempre alti e bassi che caricano e scaricano Bitcoin. Ma nel momento che il prezzo andasse a stabilizzarsi, senza una funzione tangibile nel mondo reale, le cose potrebbero mettersi male.
Scopri di più da Walter's blog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.