Il Doge di Venezia (ammetto che non ricordavo ci fosse anche quello di Genova) finì nel 1797 quando Napoleone e i francesi occuparono Venezia, dando fine idealmente alla Serenessima. E’ interessante leggere come veniva svolta l’elezione del Doge, perché è un delirio assoluto.
La procedura prevedeva che dopo aver sepolto il defunto doge si riunisse il Maggior Consiglio e che il consigliere ducale più giovane si recasse fuori dal Palazzo e scegliesse un fanciullo del popolo tra gli 8 e i 10 anni. Questi doveva trarre a sorte da un’urna i nomi di 30 consiglieri, col limite che non appartenessero alla stessa famiglia e non avessero alcun legame di sangue, dai quali si sarebbero tratti a sorte 9, col compito di nominare 40, ridotti a 12 per ballottaggio. Questi dovevano eleggere 25 membri, da cui estrarre 9 che eleggessero 45 consiglieri, da cui estrarne 11 che nominassero infine i 41 cui sarebbe spettata l’elezione del nuovo doge.
Come dire, l’origine della burocrazia era già insito allora nel DNA. E siccome cercavano di influenzare l’elezione è proprio li che viene coniata l’origine della parola broglio:
Le prime modalità di elezione davano luogo a pratiche fraudolente: prima delle votazioni i membri del Maggior Consiglio si ritrovavano davanti al palazzo nel brolo, dove i più potenti cercavano di comprare i voti dei nobili squattrinati, i barnabotti. Questa pratica finì con l’assumere il termine di “broglio“.
Questa simpatica citazione, perché Doge (sebbene con accenti spostati altrove) è la parola che identifica una cripto valuta. E che valuta se stiamo ai freddi numeri attuali. Quarto posto nelle monete più capitalizzate con 70 miliardi di dollari. Solo nelle ultime settimane ha letteralmente sverniciato in classifica USD Tether e Ripple.
Il problema è che la moneta creata nel 2013 da Jackson Palmer (allora ingegnere della Adobe) e Billy Markus (ingegnere IBM) di fatto non non aveva e non ha una funzione, una mission come direbbero gli inglesi.
Non è un caso che venga assimilata, a mio avviso in modo un po’ forzato, ad un Non Fungible Token ante literam. Anche perché per essere un NFT ce ne stanno quasi 130 miliardi in circolazione.
Doge oggi vive l’euforia paradossa, compresi i tweet di Elon Musk. Quella euforia che Hive non è mai riuscita ad avere. La cosiddetta FOMO. Non ci sta nulla di male, solo senza un progetto e con la governance in mano a qualcuno che domani per scherzo, così come l’ha creata, potrebbe decidere di fare il neo-ricco vendendo tutto.
Il fatto è che da così in alto il rischio esce dal suo stesso contesto. E l’impatto al suolo avrebbe effetti collaterali enormi su tutto il mondo delle cripto valute. Gli strilloni giornalistici fomentati dalla vecchia finanza griderebbero “ve l’avevamo detto”. Mentre i governi si troverebbero a furor di mass-media ad inventarsi leggi per bannare a vario titolo Bitcoin e soci. Non parliamo poi dalla marea di gente che si trovasse con un pugno di monete con la faccia di un cane che non vale assolutamente nulla.
Quando il prezzo sale, to the moon, è sempre bello. Ma come dice un vecchio detto borsistico, il prezzo sale per le scale e scende con l’ascensore.
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